venerdì 20 marzo 2009

assignment3

La rete. Durante la lettura del pamphlet si è tenuta viva in me una connessione, un’immagine. Forse per limiti miei sono abituata a considerare la rete dal di fuori. Non perché necessariamente sia io a starne fuori, ma perché mi viene comunque da pensare che una rete di solito è fatta perché qualcuno (chi non ne fa parte, appunto) vi rimanga impigliato. Mi si potrebbe obiettare che “siamo unicamente noi con le nostre azioni che possiamo dar valore agli strumenti, di per sé né buoni né cattivi”. Ma onnipervasivi, autoritari, “nuovamente autoritari” forse, ma non per questo la voglia, l’istinto di sfuggire è meno forte. Ancora questione di adattamento, se non allo School Learning Environment, a qualcosa di più difficilmente aggirabile. Dove con aggirabile non intendo il furbinesco aggirare per rifugiarsi nel limaccioso personal environment che non ha niente di learning; intendo che per me aggirare la rete o in qualche modo sbirciare attraverso le sue maglie, affacciarmi su mondi altri è sempre stato quello che ha fatto la differenza (mi rifaccio alla differenza tra il piatto di orecchiette con un amico e la barretta energetica). Mi spiego. Posso essere considerata una fortunata dal punto di vista dello School Environment infantile. Ho frequentato una scuola elementare che senza fregiarsi del titolo di sperimentale ci faceva vivere “la strada” per davvero, invitando in classe i nonni, creando uno scambio assiduo col prospiciente Albergo Popolare-più che una rete un filo da equilibristi-, avevamo perfino un orto vero. Per me le metafore del mezzadro, della madre, del bosco sono quindi familiari, assorbite profondamente, ma al contrario, in modo speculare: come vessillo di ciò che da ogni sistema ha scelto di stare fuori.                                                  Ecco, per me è questa la vita, la differenza: lo squarcio nella rete.

2 commenti:

  1. Leggendo il tuo articolo mi è venuto in mente Il Barone Rampante, per tornare alla nostra discussione su Calvino ; ) . I vessilli del solitario che si aggira tra alieni sistemi il Don Chisciotte. Io i sistemi non li sopporto, tutto ciò che viene categorizzato perde di slancio, le definizioni soggiogano le novità.
    Al contempo però si perde la possibilità di condividere tutto con tutti, che però forse non è neanche quello che vogliamo. E' l'amarezza lasciata dal ghigno sulla faccia di Montale che nessuno coglie, nell'affrettarsi dei passanti in strada?
    Devo dire che venendo all'università ho trovato persone con cui credo di condividere qualcosa che va ben al di là del semplice fatto di frequentare le stesse lezioni : )

    Giulia

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